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No al trasferimento del lavoratore che assiste un disabile anche all’interno della stessa unità produttiva

La Corte di Cassazione con sentenza n. 24015/2017 ha stabilito l'applicazione del seguente principio di diritto:

"Ai sensi dell'art. 33 c. 5 della L. n. 104 del 1992, nel testo modificato dall'art. 24 c. 1 lett. b) della L. 24.11.2010 n. 183, il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente opera ogni volta che muti definitivamente il luogo geografico di esecuzione della prestazione anche se lo spostamento venga attuato nell'ambito della medesima unità produttiva".
"Ai sensi dell'art. 33 c. 5 della L. 5 febbraio 1992, n. 104 , come modificato dall'art. 24 c. 1 lett. b) della legge 24.11.2010 n. 183, il diritto del lavoratore a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso non può subire limitazioni risultando la inamovibilità giustificata dal dovere di cura e di assistenza da parte del lavoratore al familiare disabile, sempre che non risultino provate da parte del datore di lavoro specifiche esigenze tecniche, organizzative e produttive che, in un equilibrato bilanciamento tra interessi, risultino effettive e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte".
Di conseguenza il lavoratore che assiste un disabile, che versa in situazione di gravità, è legittimato ad opporsi, invocando la tutela fornita dall'art. 33 c. 5 della L. n. 104 del 1992, al trasferimento, ogni volta che muti il luogo geografico della prestazione lavorativa anche se lo spostamento venga attuato nell'ambito della medesima unità produttiva.

Cassazione, sentenza n. 24015/2017

 

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